L’Associazione produttori con grandi industrie e giornalisti alla scoperta del Fucino Ricerca sulle dinamiche di mercato: si punta su e-commerce e trasformazione
CELANO. La patata Igp del Fucino guarda al futuro e punta tutto su e-commerce e trasformazione industriale. Un tour nei terreni che un tempo ospitavano il letto dell’antico lago dove vengono coltivati ogni anno 1.917.000 quintali di patate – che fanno schizzare l’Abruzzo al terzo posto della classifica nazionale dei produttori – è stato organizzato per far conoscere una vera e propria eccellenza. Tour che ha avuto come protagonisti giornalisti italiani e rappresentanti di grandi marchi commerciali.
La qualità e le caratteristiche organolettiche hanno permesso alla patata del Fucino di conquistare il marchio Igp e di accogliere esperti, responsabili di grandi marchi, accorsi ieri a Celano per scoprire le proprietà del tubero più famoso d’Italia.
La giornata è stata divisa in due parti: prima c’è stata la visita delle strutture industriali e poi un workshop all’auditorium di Celano. Nel dibattito è emerso che le caratteristiche organolettiche, date dalle proprietà del terreno e dal clima, finalmente vengono riconosciute come uniche, tanto da rendere questo tubero ineguagliabile per “sapidità” e lunga “serbevolezza”.
Il marchio Igp rende identificabile la produzione del Fucino a tutela del consumatore, nella maggior parte dei casi ingannato dai molteplici tentativi di spacciare per patate del Fucino quelle provenienti da altre regioni. «La ricerca», spiega Sante Del Corvo, direttore dell’Ampp (Associazione marsicana produttori di patate), «restituisce un quadro generale sulle dinamiche di mercato in un contesto nazionale e internazionale e sulle diverse fasi della filiera. Mette in luce i fattori che determinano i punti di forza e di debolezza del prodotto, fino a sondare gli operatori dei diversi settori della filiera e i consumatori, intervistati per fasce di età, sesso, livello di istruzione e origine geografica». All’incontro hanno preso parte Dino Pepe, assessore regionale all’Agricoltura, Gloria Lombardi, responsabile marketing Findus, Mario Nucci, referente progetto Wine e Food, Alessandro Notaro, specialista nella dieta mediterranea, Carlo Palmieri presidente di Coal, e poi esperti di settore, organizzazioni agricole e sindacali. Nel dibattito è stato anche affrontato il tema della difficoltà della produzione di patate in Italia a soddisfare la domanda interna e della frammentazione della superficie produttiva che non giova alle colture. Inoltre, è stato evidenziato come tra i fattori che caratterizzano anche culturalmente i consumi si rileva una scarsa conoscenza e sensibilità a identificare le varietà di patate secondo la destinazione d’uso, come invece avviene nei Paesi in cui è affermato il consumo di patate. Nella nostra dieta le principali fonti di carboidrati complessi continuano a essere rappresentati dalle paste alimentari e dal pane, mentre la patata è tipicamente una commodity, cioè un prodotto indifferenziato e, come tale, lo sforzo richiesto per farne comprendere i valori al consumatore resta ancora notevole. Con gli esperti presenti si è parlato di come l’industria della surgelazione offra l’opportunità di preservare le caratteristiche qualitative della patata, che si perdono in altre tipologie di trasformazione e di immettere sul mercato prodotti a pronto uso, con elevato contenuto di servizi e di qualità certificata.
di Eleonora Berardinetti
Fonte: ilcentro.it